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25 April 2024

La televisione può salvarci dalla Torre di Babele

La televisione può salvarci dalla Torre di Babele
Lectio magistralis pronunciata da Ettore Bernabei –
Padova Aula Magna Università di Padova – 18 ottobre 2011

Il filosofo liberale Popper, giustamente, definì la TV una “cattiva maestra”, prevedendone le attuali degenerazioni. Secondo le statistiche il 97% della popolazione dei paesi sviluppati sta in media tre ore al giorno davanti al televisore.
Per fortuna in alcuni paesi europei, a cominciare dall’Italia, a un certo punto molte persone non si sono più riconosciute nella programmazione televisiva permissiva e violenta instaurata nel mondo a partire dagli anni Ottanta. Avevano avvertito un crescente disagio, rimanendo sempre più insoddisfatte ed inquiete.
Tra i telespettatori italiani la persistenza di quella sensazione diventata, in qualche caso, di fastidio per i contenuti dei programmi televisivi, ha generato un malessere, che ha determinato conseguenze anche elettorali. Infatti quella inappagatezza ha suscitato una persistente ostilità verso tutti coloro che governano e pertanto vengono ritenuti – a torto o a ragione, sia che appartengano ad uno schieramento x o y – responsabili di quello che trasmette la televisione. Da qui nelle elezioni politiche dal 1992 al 2008, le molteplici espressioni di “voti contro” i governanti a quel momento in carica.
Certa programmazione televisiva – assieme a tutto quello che c’è in Internet – rischia ora di provocare nelle menti e nei cuori degli uomini e delle donne guasti terribili; ben più gravi di quelli che ai corpi fisici e alle cose possano apportare gli tsunami, o le bombe atomiche. Questa programmazione va infatti a depositarsi su certe antiche sedimentazioni del XX secolo.

Nella prima metà del Novecento molteplici ideologie totalitarie, dopo aver soffocato le libertà individuali e di gruppo, avevano predicato insistentemente l’ateismo teorico. Grazie al sacrificio e alla tenacia di coloro che si impegnarono nella resistenza al Comunismo e al Nazifascismo, le dittature generate da quelle ideologie crollarono. Ma in Europa e in altre parti del mondo rimase la mala pianta dell’ateismo teorico.

Con i contenuti dei suoi programmi la nuova televisione degli anni Ottanta e seguenti ha diffuso, in tutto il mondo molteplici modelli di ateismo pratico, che sono andati a rinverdire le predicazioni di ateismo teorico, diffuse dai regimi dittatoriali tra le due guerre mondiali. Sicché, all’inizio di questo nostro XXI secolo l’umanità si è trovata ad avere le prime generazioni totalmente incredule, oltre a quelle già disorientate dal nichilismo e dal relativismo.

L’attuale crisi di smarrimento non è soltanto economica. E’ diventata esistenziale, allorché, in alcuni paesi sviluppati molte persone hanno perduto la fede in Dio creatore, e si sono costruite un “vitello d’oro”, simile a quello che i seguaci di Mosè, si fecero in mezzo al deserto: Il nuovo “vitello d’oro” è la presunzione dell’uomo di essere Dio; di ritenersi autosufficiente, grazie ai supporti della scienza e della tecnologia.

Ma alcune di queste presunzioni hanno cominciato a vacillare proprio nel marzo 2011, dopo la catastrofe del Giappone. Sotto la furia dello tsunami le grandi barriere in cemento armato, costruite dalla tecnologia avanzata a difesa delle coste, sono state spazzate via come foglie secche, alcune centrali atomiche sono state devastate ed hanno lasciato senza energia elettrica, senza cibo milioni di persone nel paese più scientificamente e tecnologicamente avanzato del mondo. Si sono spente molte luci a Tokio, e dai rubinetti è arrivata nelle case acqua radioattiva.
Girano nel mondo segnali di ripensamenti salutari rispetto alle follie architettate dalla speculazione finanziaria e ai modelli di comportamento proposti dalla televisione trasgressiva, relativista, sostanzialmente atea.

In Gran Bretagna il primo ministro Cameron ha lanciato la proposta di una “big society” di marcata espressione solidarista.
Negli Stati Uniti, qualche tempo fa, il prof. Stephen Goldsmith, allora sindaco di Indianapolis ed oggi vice-sindaco di New York, ha elaborato una teoria economica sul concetto base di “imprese sociali” prevedendo di sviluppare iniziative di privati con la partecipazione dello Stato; in maniera che Privato e Pubblico, attività imprenditoriali e “non profit” convivano e si facciano concorrenza costruttiva.

Personalmente ritengo che queste affermazioni non sarebbero state possibili senza quella seminagione – di solidarietà civile, di pace tra i popoli, di dialogo tra le Chiese – che fecero nel mondo Papi della levatura di Leone XIII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II e che in Italia fu coltivata da uomini di elevata preparazione culturale e politica come De Gasperi, La Pira, Fanfani, Moro.

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Ma chi potrà in futuro persuadere miliardi di persone che la “impresa sociale” siano strumenti migliori della speculazione finanziaria, gonfiata con i “futures” e i derivati e scoppiata nella attuale e persistente crisi generale.

A mio parere soltanto una televisione, diventata “buona maestra”, potrà cancellare nel mondo i “luna park virtuali” dello egoismo, presentati dalla TV “cattiva maestra”: Dopo significativi e positivi esperimenti in controtendenza, oggi si può ragionevolmente sperare che la TV possa proporre nuovi focolari domestici: di pazienza, di sobrietà, di solidarietà interfamiliare, che rendano possibile a genitori, volenterosi e consapevoli, di stare qualche ora con i propri figli, per convincerli che il miglior modo di vivere è quello di fare agli altri ciò che vorrebbero fosse fatto a loro.

Nell’aprile 2010, ricevendo i partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle scienze sociali, Benedetto XVI ebbe a dire: “La crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la fragilità dello attuale sistema economico… e la erroneità della idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi indipendentemente dallo intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali”. Poco tempo dopo, al Sinodo dei vescovi del Medio Oriente, tenendo una meditazione sulla “caduta degli dei” cioè sui falsi ideali di modernità, mitologizzati dalla telecomunicazione, il Papa affermò: “Pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l’uomo… al potere delle ideologie terroristiche… la droga… anche il modo di vivere propagato dall’opinione pubblica… il matrimonio che non conta più… la castità che non è più una virtù…. Queste ideologie che dominano, che si impongono come divinità devono cadere…. Deve realizzarsi quanto dicono le lettere ai Colossesi e agli Efesini: le dominazioni e i poteri cadono e diventano sudditi dell’unico signore Gesù Cristo”.

La televisione – che ancora per molti anni sarà vista per tante ore al giorno da una gran parte della popolazione della terra – rimane il mezzo più idoneo a far capire e praticare questi appelli del Papa e per indurre molte persone a cambiare il modo di pensare e di comportarsi nella vita pratica. In particolar modo alcune forme di intrattenimento, come gli sceneggiati televisivi e i documentari di rievocazione storica drammatizzata, possono aiutare miliardi di persone a migliorare i propri comportamenti.

La televisione d’intrattenimento, con gli sceneggiati e i documentari, coinvolge l’intelligenza, la volontà e la fantasia di tutti i componenti di un nucleo familiare. Con le sue emozioni li sollecita a pensare, li aiuta a riflettere: Per rendere fruttuose queste stimolazioni, occorre ora che le famiglie con genitori di buona volontà, le scuole con insegnanti di capacità missionarie, le televisioni di servizio pubblico diventino sempre più “agenzie” sinergiche tra loro per il bene comune.
Con questi intenti alcuni operatori televisivi, proprio negli Stati Uniti, hanno cercato, agli inizi del XXI secolo, di riparare agli errori commessi nel secolo scorso, e hanno proposto serie televisive imperniate sul rispetto delle leggi e delle regole morali: Il pubblico le ha gradite, gratificandole di significativi successi di ascolto. In Italia la RAI trasmettendo serie come quella di “Don Matteo” ha ottenuto primati di ascolto battendo la concorrenza che trasmetteva intrattenimenti insignificanti o certi spettacoli “spazzatura”.
Nella mia esperienza di comunicatore ho constatato che quando si cerca di ispirare la comunicazione ad una concezione di bene comune, si trova sempre rispondenza da parte del pubblico.

Negli anni in cui l’Italia era il quarto tra i sette paesi più industrializzati del mondo, ho guidato in RAI la televisione di servizio pubblico. Dal 1991 partecipo alla ideazione ed alla produzione di sceneggiati televisivi “controcorrente”, con i quali la Lux Vide ha ottenuto successi internazionali, sia di ascolto che di gradimento: come i ventuno film della Bibbia, quelli su “Giovanni XXIII”, su Pio XII, oppure su “Coco Chanel” e su “Enrico Mattei”. Dopo queste esperienze significative sento il dovere di testimoniare che la televisione – che per mezzo secolo, ha provocato il disorientamento culturale di tante persone – è oggi il mezzo più idoneo a riportare miliardi di uomini e di donne sulla via del vero e del giusto.
Certamente per far questo bisogna che cambino i contenuti dei programmi di intrattenimento televisivo. Al posto di programmi violenti, nichilisti, immanentisti e permissivi occorre che, con il rispetto di tutti, siano proposti modelli di comportamento altruisti e solidaristi, così come fece il grande teatro rinascimentale e il grande cinema della prima metà del Novecento. Questi modelli potranno operare una salutare bonifica di igiene sociale, aiutando genitori, educatori e politici a guidare l’umanità in organizzazioni che tutelino i legittimi interessi, senza eccedere in egoismi aggressivi.

I cattolici, a cominciare da quelli più preparati umanamente e culturalmente, non possono più limitarsi ad elogiare le nobili parole del Papa Benedetto XVI. Pochi giorni fa il Pontefice è tornato a ripetere, dalla chiesa madre di Aquileia, l’urgenza che i cattolici si impegnino nelle attività sociali. Cioè ad operare nella vita pubblica, assumendo responsabilità individuali e di gruppo: nella comunicazione, nella imprenditorialità sociale ed infine nella Politica. Pertanto i cattolici devono dedicarsi da subito alla formazione di future classi dirigenti, incominciando a selezionare e preparare giovani studenti che siano disposti a impegnarsi professionalmente per evitare l’autodistruzione della umanità in una apocalittica torre di Babele, anche se altamente tecnologizzata.

Le università che si ispirano a teologie monoteiste dovrebbero impegnare docenti e studenti nella ricerca di modelli di vita da proporre sui teleschermi digitali, capaci di aiutare donne e uomini – oggi disorientati dalla “televisione luna park” – a ritrovare un loro rapporto con il Creatore, Dio di infinita misericordia e di infinita giustizia.
Con la invenzione di nuove forme di intrattenimento telematico, culturalmente ed artisticamente interessanti per il pubblico, può essere ricostruito quel tessuto di civiltà umana che la televisione consumistica e permissiva ha distrutto negli ultimi decenni.
L’umanità si potrebbe così difendere dai pericoli di nuove e più terribili torri di Babele che si profilano con la tendenza nelle reti telematiche al formarsi di enormi leviatani più potenti e più pervasivi dei colossi finanziari “che non possono fallire”. Finalmente si potrebbe dire, parafando un celebre film di Benigni che “La televisione è bella!!!”… se è fatta bene.

La gente comune dà segni ormai di aspettare proprio dalla televisione qualche scialuppa di salvataggio: Quando la RAI ha trasmesso “Sotto il cielo di Roma” – uno sceneggiato che ristabilisce la verità su Pio XII nel periodo della occupazione tedesca a Roma – raccolse quasi sette milioni di ascoltatori: un milione e settecentomila in più di quelli che contemporaneamente raccolse – su un’altra rete – “Il Grande fratello”. A riprova che la gente non vuole la TV spazzatura: La subisce, se non trova altro.

La tecnologia digitale permette oggi la irradiazione di innumerevoli canali TV e pertanto la emissione di programmi di ogni tipo, cultura, genere e tendenza. Chi ha buone idee e buoni modelli di comportamento li potrà proporre in forme artisticamente valide e con la sua dichiarata convinzione di essere nel giusto. Con questi nuovi sistemi di telecomunicazioni ogni paese che vuole non solo conservare le sue tradizioni, ma garantire alle proprie popolazioni un adeguato benessere fisico e culturale, deve curare, assieme alla Scuola, alla Sanità, e alla Energia, un efficiente servizio pubblico in TV. Un paese deciso a difendere i propri legittimi interessi da inevitabili aggressioni di altrettanti legittimi e contrastanti interessi di paesi terzi, deve oggi dotarsi di un efficiente servizio pubblico televisivo, così come per secoli si è fatto per proteggere le città e le nazioni con efficienti organismi militari. E’ quello che per il momento ha fatto e che fa soltanto l’Inghilterra con la BBC.

Per uscire dalla nefasta “civiltà dell’egoismo” e preparare una “civiltà dello altruismo” occorre un impegno, generalizzato a tutti i livelli, nelle attività educative e comunicative di buona qualità. Bisogna avere il coraggio di abbandonare le ubriacature nichiliste del secolo scorso, scendere dai trampoli della superbia individualista e con umiltà tornare a vivere secondo le regole del decalogo di Mosè e lo spirito delle Beatitudini evangeliche.
Grazie.