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20 April 2024

Convegno“A tavola NON si invecchia” – Comunicato stampa conclusivo

Comunicato stampa

Convegno
“A tavola NON si invecchia”
Il convegno del Centro studi Alvise Cornaro che si terrà nell’Aula Magna dell’Università di Padova Giovedì 29 ottobre 2015 – inizio ore 15,00

Nel corso del convegno è stata proclamata vincitrice del “PREMIO CORNARO ALLA RICERCA”, quinta edizione ELENA CAVALLINI, Università di Pavia – Dipartimento di Studi Umanistici. Titolo della ricerca: Potenziamento delle abilità socio-cognitive nell’invecchiamento: efficacia di un intervento sulla Teoria della mente.

 

 

Si è svolto, di fronte a un numeroso ed attento pubblico, giovedì 29 novembre, nell’Aula Magna dell’Università di Padova il convegno annuale del Centro Studi Alvise Cornaro, dedicato, nell’anno dell’Expo, al tema del rapporto tra alimentazione e longevità.

Un panel di relatori di riconosciuta competenza su diverse discipline, a garantire la multidisciplinarietà dell’approccio, si sono impegnati sul tema dell’incontro “A tavola NON si invecchia”.

In apertura dei lavori la Presidente del Centro studi, Clelia Tabacchi Sabella, ha ricordato come nell’anno dell’Expo, già nel mese di maggio il Centro studi ha partecipato all’evento di studio promosso dalla Fondazione Dieta Mediterranea e dall’USL 16 e del Comune di Padova nello scorso mese di maggio con la pubblicazione di una serie di opuscoli divulgativi sui valori della Dieta Mediterranea, “L’incontro odierno – ha poi continuato – vuole invece proporre una riflessione sul cibo e la nutrizione in rapporto all’invecchiamento, affrontando il tema delle diete, ma manche quello delle abitudini e in genere della cultura del cibo, perché il mangiare non è soltanto un’attività primaria che soddisfa uno dei principali bisogni dell’individuo, ma anche un modello di comportamento che agisce nelle relazioni e nello stile di vita.”

Dopo i saluti di benvenuto di Marcella Bonchio, Prorettore alla Ricerca Scientifica per l’Università di Padova e di Maria Luisa Nolli, per il Comune di Padova è stato Angelo Ferro, a nome della Fondazione Opera Immacolata Concezione, a ricordare la “grande condivisione avuta con il Centro Studi fin da quando, molti anni fa, ha iniziato a occuparsi di longevità, quando nessuno lo faceva.” Ferro ha quindi affermato “che noi, al di là di discutibili studi d’oltreoceano, sulla tavola noi possediamo un genius loci che ci consente di affermare che il cibo è una questione importante che va vissuta in modo equilibrato, ma va vissuta tenendo conto della ricchezza e della realtà del nostro territorio.”

Per la Fondazione Dieta Mediterranea è intervenuto il Presidente Gaetano Crepaldi che ha ricordato che “la disabilità nell’anziano va riferita alla carenza alimentare durante la vita. Dobbiamo inoltre sapere – ha continuato – che il 30% di tutti i tumori è legato all’alimentazione, percentuale più alta di quella riferita al fumo. Ma non è solo il benessere fisico a essere legato all’alimentazione, anche gli aspetti mentali, emotivi, culturali condizionano il nostro rapporto con il cibo.” Il cibo ha quindi uno spettro di incidenza molto ampio sui comportamenti e sullo stato psicofisico delle persone. Ciò ha permesso a Crepaldi di introdurre la Lectio magistralis di Vittorino Andreoli, noto psichiatra e scrittore, dal titolo, appunto, La mente e il cibo.

Ai significati che attribuiamo alle parole, alle loro interconnessioni, Andreoli ha dedicato gran parte della sua lectio, partendo proprio dai due termini che compongono il titolo del suo intervento: mente e corpo.
“Ci capiamo meglio se precisiamo il senso delle parole che usiamo”. La prima ad essere analizzata è stata, quindi, la parola “mente”. “Oggi la parola mente, grazie alle neuroscienze, viene strettamente legata alle funzioni cerebrali. Mente e cervello è diventato un binomio linguistico inscindibile”. Ogni attività, “persino il desiderio”, può essere monitorata dalle attività cerebrali. Obbligatoria “per uno psichiatra – ha detto Andreoli – una citazione di Freud (l’unica che farò): ‘forse arriverà un giorno in cui tutto ciò che io ho cercato di spiegare in termini psicologici, psicoanalitici potrà forse essere spiegato in termini biologici”. L’attività cerebrale ha quindi soppresso l’analisi dell’attività mentale? Si è chiesto Andreoli; “la neuroscienza distruggerà l’anima?” Il senso dell’intervento è stato quello di fornire una risposta negativa a entrambe queste domande.

Dalla mente al cibo, la seconda parola da indagare. Per Andreoli va declinata almeno in quattro significati. “Il cibo come nutrizione per dare energia al corpo; il cibo come piacere, il piacere fisico che stimola la sensorialità e costruisce individualità; il cibo come simbolo e rito, elemento sociale e relazionale.” Tre significati positivi ai quali se ne aggiunge un quarto di negativo, “una psicopatologia del cibo nei suoi due opposti esiti: l’anoressia come risposta al timore di un’invasione esterna che inquina e come l’obesità, l’abbuffata con motivazione punitiva.

Un’ultima premessa di chiarificazione lessicale, e non solo, Andreoli l’ha dedicata alla parola vecchiaia, legandola a quelle di mente e cervello. Augurando, ironicamente, buon lavoro a quanti volessero “rottamarlo”, Andreoli ha affermato di non vuol sentir parlare di “anagrafe del cervello”. Riallacciando il filo con l’analisi del binomio linguistico mete-cervello, ha ricordato la “più grande scoperta scientifica degli ultimi trent’anni riguarda proprio il cervello. Si pensava fosse un organo che arrivava velocemente alla stabilità, un organo deterministico. Di esso si aveva un’idea positivistica, lombrosiana.”

Oggi sappiamo invece che il cervello ha due parti, una determinata, deputata alle funzioni automatiche; “ma esiste una seconda parte, un cervello plastico che ha la caratteristica di organizzarsi strutturalmente in base alle esperienze. E’ uno sconvolgimento. L’esperienza è in grado di attivare strutture che diventano comportamenti. Il vecchio – ha continuato Andreoli – ha il cervello plastico attivo, in grado di apprendere, di fare, di modificarsi.” Non è vero che il “vecchio è come una candela che lenta si spegne.” Secondo Andreoli, il cervello del vecchio è perfettamente in grado di rifare strutture del ricordo, ha cioè una capacità che dipende esclusivamente dalle esperienze, “a patto che si viva in un ambiente stimolante, che fornisca esperienze.”

“Tutti noi – ha continuato Andreoli – abbiamo in tasca una rete con il cellulare. Ma nel cervello abbiamo tra gli 80 e 90 miliardi di cellule connesse tra loro. Alcune arrivano ad avere diecimila legami. Una vera rete che usiamo dall’1 al 16%.” Di più non riusciamo perché consuma troppa energia. “Il cervello ha fame e regola la fame di tutto il corpo.” Ecco la fame, altra parola chiave, “una pulsione che si seda con la somministrazione di energia”. Altra cosa l’appetito che è il desiderio del cibo “richiamato sulla base dell’esperienza, dei ricordi, dalle strutture che regolano le emozioni. Oltre il desiderio c’è poi il gusto, che è una funzione della mente. “E’ la capacità di distinguere il dolce, il salato, l’amaro, l’acido e altri ancora, una funzione che è legata all’odore. Si tratta di “funzioni fondamentali capaci di attivare immagini che diventano gratificanti, cioè capaci di compensare delle frustrazioni. “L’idea di trovare modalità di gratificazione attraverso le modulazioni del cibo è una grande scoperta per l’equilibrio dell’individuo che viene in contatto con gli altri, esprime affettività e costruisce i riti sociali. Tutte caratteristiche umane, non sostituibili con il telefonino che abbiamo in tasca.”

Andreoli termina la sua lectio magistralis su mente e cibo con due consigli finali: “leggete Il pranzo di Babette di Karen Blixen e leggete Il Convivio di Dante, un trattato dello stare a tavola per nutrire l’anima.”

“Non ha consigli da nutrizionista da fornire” Massimiano Bucchi, Professore di Scienza, Tecnologia e Società, Università di Trento intervenendo sul tema Il Pollo di Newton: il cibo tra scienza, cultura e società.
“Sono un sociologo e uno storico della scienza e per paradosso, dal mio punto di osservazione, posso dire che il cibo serve a tutto, tranne che a nutrirsi. Serve per divertirsi, per confrontare i gusti e perché no, per spiegare la scienza.”
Bucchi vede che il rapporto tra il cibo e la scienza viene da lontano. “Già alla fine del ‘600 troviamo tavole sulla dissezione di un galletto che sono delle vere e proprie lezioni di anatomia.
Ma è verso la fine dell’Ottocento che la cucina si presenta come scientifica e la chimica fa il suo ingresso in cucina. E’ del 1825 il trattato Fisiologia del gusto in cui Athelme Brillat-Savarin scrive “La scoperta di un manicaretto nuovo fa la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella.” Il passo decisivo di questo rapporto lo fa Pellegrino Artusi che titola il suo libro La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene (il libro italiano più venduto nel mondo dopo Pinocchio) e deve la sua fortuna alla promozione che ne fa Paolo Mantegazza, una celebrità scientifica, titolare della prima cattedra di antropologia in Italia. La scienza è di moda e quindi ciò che è importante non può che essere scientifico. E’ americano Science in the kitchen di Ervilla Kellog (1892) ed è un chimico, Justus von Liebig, a introdurre, con successo e con innovative strategie di marketing, sul mercato gli estratti di carne. E cercava basi “scientifiche” la polemica londinese sul caffè. Per le donne andava va abbandonato perché diminuisce la virilità degli uomini. Per gli uomini va incentivato perché aumenta la potenza sessuale.
Solo pochi esempi, quelli di Bucchi per dire che “tra esperimenti nei caffè, controversie sulla birra, ricette per la cioccolata custodite gelosamente come brevetti sono continue le interferenze tra scienza e cibo, tra gastronomia e ricerca, tra laboratorio e cucina.”

Su “Come mantenere i buoni propositi a tavola” l’intervento di Alessandro Antonietti, Professore ordinario di Psicologia generale nella Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano.
“Il conflitto tra le lusinghe dei cibi e la conoscenza dei loro effetti, non sempre positivi, è costate. Ha esordito Antonietti – E purtroppo non sono troppo attraenti quei cibi con forti componenti salutiste, mentre è vero l’inverso”.
Ci sono ricerche sperimentali che dimostrano questa esperienza. “E allora come fare per far prevalere la le azioni più virtuose?” Sperimentalmente si è visto che un forte impegno a comportamenti salutisti indebolisce l’io, vale a dire che lo sforzo eccessivo porta a consumare troppe energie che ci rende più “deboli” nelle situazioni di tentazione.
Antonietti ha proposto tre diversi concetti per l’espressione “mantenere i buoni propositi”.
Il primo è l’autocontrollo, vale a dire la battaglia combattiamo nelle scelte immediate. In questo caso per “mantenere i buoni propositi” possiamo adottare degli stratagemmi e delle strategie lavorando sulle porzioni piccole, sulla rappresentazione, sul ricordo, sulla comunicazione.
Il secondo concetto e l’autoregolazione. Si ratta di una “guerra” di medio termine che, per essere vinta, comporta anche in questo caso l’adozione di strategie, in gran parte sociali: una rete amicale molto diffusa, fare del moto, cercare la qualità del cibo. Molto importante la dimensione sociale. “Dichiarare le nostre intenzioni ci rende più forti.”
C’è infine un terzo concetto, paragonabile a un programma di “politica estera”, cioè una progettazione di lungo periodo che corrisponde al concetto di autodeterminazione. Anche in questo caso l’adozione di strategie, in gran parte sociali, è indispensabile per ottenere risultati importanti. La conclusione per questa terza e più impegnativa strada Antonietti la consegna a un proverbio orientale “Se vuoi arrivare in fretta parti da solo. Se vuoi arrivare lontano parti in compagnia.”

L’ultimo intervento è stato quello di Lucilla Titta, Nutrizionista – del dipartimento di oncologia sperimentale dell’IEO Milano su Restrizione alimentare e astinenza (digiuno) come “terapia” e prevenzione. L’aumento delle aspettative di vita ci espone di più al pericolo delle malattie croniche e sappiamo che il sovrappeso e l’obesità incidono su di esse. Dobbiamo quindi studiare come si possa giungere a una longevità in salute, combattendo l’obesità e il sovrappeso. “Ci sono due tipi di approccio per raggiungere questo obiettivo – ha dichiarato Titta -. Uno è quello di intervenire sulla malattia con nuovi farmaci il secondo è quello della prevenzione con interventi sulla popolazione e studi sull’ambiente.” La restrizione calorica è una delle strade che vengono percorse. Esperimenti sugli animali dimostrano che diminuire del 30/40% l’apporto calorico porta a un grande aumento dell’aspettativa di vita e uno stato di salute decisamente migliore. “Ma la restrizione calorica nell’uomo è difficile da realizzare.” Anche qui si aprono due diverse strade. Esperimenti sul “digiuno intermittente – gli esperimenti prevedono 5 giorni di digiuno ogni 3 mesi per complessivi 9 mesi – dà effetti interessanti sul metabolismo.” C’è poi una seconda strada, per Titta più interessante, che è quella di lavorare su “mimetici” della restrizione calorica ovvero dei farmaci veri e propri. “Queste molecole che ci mettono in un assetto biologico simile a quando non mangiamo.” Molte di queste molecole – ha concluso – sono contenute in molta frutta e verdura e da queste vengono prodotti dei composti specifici.

Al dibattito è seguita la proclamazione del vincitore del Premio Cornaro alla Ricerca V edizione, istituito dal Centro Studi Alvise Cornaro in collaborazione con il Comune di Padova – Progetto Città Sane e l’Università di Padova. Vincitrice è risultata Elena Cavallini, Università di Pavia – Dipartimento di Studi Umanistici. Titolo della ricerca: “Potenziamento delle abilità socio-cognitive nell’invecchiamento: efficacia di un intervento sulla Teoria della mente”

Le motivazioni della Giuria con le quali è stato assegnato il premio: Trattasi di un importante progetto finalizzato alla messa a punto di interventi di stimolazione e potenziamento delle abilità socio-cognitive nell’anziano. I risultati della ricerca mostrano quanto sia possibile contrastare il declino attraverso una riconsiderazione della Teoria della Mente. Adeguata la descrizione della ricerca sia nella metodologia sia nella casistica e negli obiettivi raggiunti. Eccellente produzione scientifica. Tale lavoro risulta, infine, perfettamente congruo con le finalità del Centro Studi

Il convegno si è concluso con un applauditissimo intervento musicale da parte dell’Orchestra dell’Azienda Ospedaliera di Padova Asclepius Ensamble.
Ufficio stampa: Studio Lavia
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